Il territorio della storica provincia di Terra di Lavoro è oggi ripartito fra tre regioni e sette province: il Lazio con Latina e Frosinone, il Molise con Isernia, e la Campania con Caserta, Benevento, Avellino e Napoli.
In origine il suo ambito territoriale si estendeva a nord a tutta la zona di Gaeta, con il comune di Fondi al confine con lo Stato della Chiesa, includendo naturalmente le isole pontine, e al territorio di Sora tranne Pontecorvo che dal 1463 fu un’exclave dello Stato della Chiesa; ad est si spingeva al Venafrano fino a Monteroduni; a sud est fino al Telesino; e a sud fino al Nolano e alla penisola Sorrentina comprendendo, quindi, anche l’attuale provincia e città di Napoli.
L’origine del nome di Terra di Lavoro deriva dal toponimo Leboriae la cui più antica documentazione risale al I sec. d. C. con l’opera Naturalis historia di Plinio il vecchio il quale la collocava in quella parte della pianura campana tra le città di Capua, Pozzuoli e Cuma. Nell’Alto Medioevo, poi, tale toponimo, nella variante Liburia, si indentificò con la regione a nord del Ducato di Napoli, tra la Contea di Capua, il territorio di Nola e il territorio di Pozzuoli. Successivamente indicherà un’area molto più vasta che giungeva fino all’attuale Iserniese con l’abbazia di San Vincenzo al Volturno. Soltanto dopo l’anno Mille, durante la dominazione normanna, compare la denominazione di Terra Laboris che coinciderà con la Campania felix di romana memoria. Al 1092 risale, forse, la più antica documentazione del toponimo Terra di Lavoro come «Terre Laborie».
In epoca rinascimentale ritornò l’uso promiscuo della denominazione di Campania felix accompagnata a quella di Terra di Lavoro.
Il toponimo Leboriae va rapportato con il termine leporem (accusativo di lepus), quindi trova origine dal nome di un esemplare predominante nella fauna indigena di questo territorio. Mentre il toponimo Terra Laboris ha il suo motivo ispiratore da labor nell’accezione di produttività agraria.